Con “A Slum Symphony - Allegro crescendo”
comincia sabato (ore 18) a Santa Teresa Gallura (OT)
la rassegna del cinema etnomusicale “Tra tradizione e innovazione”.
Undici documentari in programma fino al 5 febbraio
per un viaggio nella musica del mondo.
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Viaggio tra le musiche del mondo in undici film: questo weekend a Santa Teresa Gallura (OT) prende il via “Tra tradizione e innovazione”, una ricca rassegna del cinema etnomusicale organizzata dall'associazione culturale Dietro le Quinte con il contributo della Regione Autonoma della Sardegna (Assessorato della Pubblica istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport) della Provincia di Olbia-Tempio e del Comune di Santa Teresa Gallura (Assessorato alla Cultura), e con la prestigiosa collaborazione del Centro Flog Tradizioni Popolari di Firenze, una delle realtà più accreditate nel settore.
Sono perlopiù inediti o rarità i documentari in programma con cadenza settimanale al Centro Taphros fino al 5 febbraio, non essendo stati inclusi nei circuiti commerciali ma solo nei cartelloni di festival e rassegne internazionali.
Si parte questo sabato (18 dicembre) alle 18 con “A Slum Symphony - Allegro crescendo”, recentissimo documentario del regista romano Cristiano Barbarossa, nato dalla straordinaria esperienza del Sistema Nacional de Orquestas Juveniles e Infantiles che da oltre trent'anni opera in Venezuela. Un importante progetto sociale e umanitario fondato negli anni Settanta da José Antonio Abreu: un sistema fatto di 157 orchestre con relativi nuclei didattici disseminati su tutto il territorio nazionale che, agendo nelle zone di disagio sociale ed economico, attraverso lo studio gratuito della musica offrono un'importante alternativa ai rischi della vita di strada, del degrado familiare e della criminalità comune. Un sistema didattico che ha dato a circa trecentomila bambini e ragazzi l’opportunità di studiare musica a partire dai primi anni e rudimenti, utilizzando una metodologia fortemente legata al gioco.
Vincitore (lo scorso luglio) del Roma Fiction Fest, il documentario segue il percorso di riscatto attraverso la musica di alcuni di questi bambini nell'arco di cinque anni, dalle prime lezioni ai concerti in giro per il mondo sotto la bacchetta di famosi direttori d'orchestra come Claudio Abbado, Simon Rattle e Lorin Maazel.
Ad arricchire di interesse l'appuntamento con “A Slum Symphony - Allegro crescendo”, l'incontro con il regista del film Cristiano Barbarossa, prima della proiezione, e una mostra fotografica di Tonino Sgro, che ha fissato nei suoi scatti diversi momenti delle riprese di questo straordinario avvenimento musicale.
Con “Un'orma del leone”, girato nel 2002 da François Verster, la rassegna si imbarca domenica (sempre alle 18) in un viaggio musicale attraverso il Sudafrica e gli Stati Uniti per raccontare la triste vicenda di Solomon Linda, il musicista zulu autore di “Mbube”, la più popolare canzone africana, morto in miseria all’inizio degli anni Sessanta.
Il Continente Nero ancora al centro dello schermo sette sere dopo (domenica 26) con “On the Rumba river”, un ritratto del leggendario “Papa Wendo”, il padre della rumba congolese scomparso a ottantatré anni nel 2008, firmato dal francese Jacques Sarasin.
“Afghan Star”, il film dell'inglese Havana Marking in visione lunedì 27, prende in prestito il titolo da un “talent show” televisivo seguitissimo in Afghanistan, una sorta di “X-Factor”, per mostrare come la cultura pop stia timidamente riemergendo in quel paese dopo trent'anni di guerra e regole talebane.
Altri suoni e atmosfere la sera dopo (martedì 28) con “Bossa Brazil”: il documentario diretto nel 2005 da Paulo Thiago racconta infatti i luoghi, le vicende e le persone che mezzo secolo fa, a Rio de Janeiro, diedero origine alla bossa nova.
L'anno nuovo per la rassegna del cinema etnomusicale di Santa Teresa Gallura comincia venerdì 7 gennaio con la proiezione di “Glass: A Portrait of Philip in Twelve Parts”, un documentario di Scott Hicks che restituisce il profilo della complessa e sorprendente personalità di uno dei più grandi compositori dei nostri tempi, l'americano Philip Glass.
Si resta ancora negli U.S.A. la sera dopo (sabato 8) con un film tutto al femminile, “Wild women don’t have the blues” di Christine Dall, in cui compaiono artiste come Ma Rainey, Bessie Smith, Ida Cox, Alberta Hunter, Ethel Waters e altre leggendarie donne del blues.
Un altro genere di blues, nato in Africa, tra il deserto e le sponde del Niger, è la musica dei Desert Rebel, un gruppo che si è formato nel 2005 dall'incontro fra musicisti francesi e tuareg, al centro di “Ishumars, i rocker dimenticati del deserto”: il documentario di François Bergeron, in visione domenica 9, segue il gruppo in viaggio nel deserto e negli studi di registrazione in Africa e in Francia, e racconta la storia della regione attraverso interviste, testimonianze e filmati di repertorio.
Un gruppo di amici provenienti dai diversi angoli dei Balcani - un greco, un serbo, un turco, un macedone e un bulgaro - si ritrovano in un piccolo ristorante a Istanbul. Qualcuno intona una canzone popolare e tutti iniziano a canticchiarla. Ognuno conosce la melodia e sostiene con passione che è nata nella sua terra. “Di chi è questa canzone?”: questo il titolo e la domanda da cui prende le mosse il pluripremiato documentario girato nel 2003 da Adele Peeva, in programma a Santa Teresa sabato 15 gennaio.
Tanti allori conta anche il film sullo schermo la sera dopo (domenica 16): “Laya Project”, di Harold Monfils, è un tributo personale e collettivo ai sopravvissuti dello tsunami asiatico del 26 dicembre di sei anni fa. I musicisti di “Laya Project” provengono infatti dalle comunità costiere circostanti le regioni di Sri Lanka, Tailandia, Indonesia, Maldive, Myanmar e India colpite da quel tragico evento, ed è sulle loro tradizioni musicali che si basa questo documentario per dare vita a un viaggio sonoro indimenticabile.
Per il suo ultimo approdo, il 5 febbraio, la rassegna fa nuovamente rotta verso l'Africa con “Nûba d’or et de lumière”, un lungometraggio sulla musica arabo-andalusa diretto da Izza Genini, produttrice e regista marocchina ma da anni residente in Francia, che ha dedicato la sua attività alla riscoperta del suo paese d'origine.
Tutte le proiezioni iniziano alle 18, con biglietto d'ingresso a cinque euro.
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