Lunedì 12 luglio dalle ore 19.00, a Cagliari, davanti alla Prefettura in Piazza Palazzo,
Amnesty International, ActionAid, Save the Children, Spazio 058, Amici di Viviana, Sogno Clown, Co.Sa.S., ARC, Rete Radiè Resch, Cagliari Social Forum, Mani Tese,
organizzano una mobilitazione per la liberazione dei 250 eritrei deportati nel deserto libico a rischio di rimpatrio, per chiederne la liberazione e la possibilità di diritto d'asilo.
Chiediamo di fermare le violenze della polizia libica contro i migranti, rivedere gli accordi Italia - Libia e fermare la politica dei respingimenti.
Chiediamo che i migranti eritrei attualmente detenuti in Libia e a rischio di rimpatrio non siano rinviati in Eritrea, siano protetti dalla tortura e abbiano accesso a cibo, acqua e cure mediche. E’ necessario che questi crimini escano dal silenzio. E’ la sola possibilità che abbiamo per salvare quelle vite, per fermare i respingimenti, per lottare per i diritti e le libertà di tutti, per il diritto di ognuno di noi a vivere in un paese dove siano garantiti i diritti umani
Chiediamo a tutti di portare una candela per simboleggiare una luce per la dignità.
L'iniziativa è stata promossa anche da Agenzia Habesha, Amnesty International, Come un uomo sulla terra (Asinitas e ZaLab), Fortress Europe, Melting Pot, Stalker - Primavera Romana e Welcome! Indietro non si torna
Questi i fatti: 250 eritrei sono stati trasferiti dal centro di detenzione di Misratah, a quello di Sabha e successivamente a quello di Brak dove si trovano tuttora in pessime condizioni a causa della carenza di cibo e acqua, dell'inadeguatezza dei servizi igienico-sanitari e del sovraffollamento delle celle. I detenuti temono il rimpatrio forzato nel loro paese di origine, dove sono a rischio di tortura e altri maltrattamenti, la punizione riservata a chi ha "tradito" il paese o ha disertato la leva militare. I loro timori si aggiungono alle minacce delle forze di sicurezza libiche che, mentre li picchiavano, urlavano che li avrebbero uccisi o rimpatriati.
Le ultime notizie riferite dall'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Iom), parlano di un accordo firmato con il Ministero del Lavoro libico che consentirà ai 250 rifugiati eritrei rinchiusi nel carcere libico di Brak, di uscire in cambio di «lavoro socialmente utile in diverse shabie (comuni) della Libia». Ciò non permetterà loro alcuna libertà di circolazione, come spetterebbe a qualunque titolare del diritto di asilo, e li consegnerà ad una rigida catena gerarchica che esigerà da loro un vero e proprio lavoro forzato.