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Quanto più puoi
 
Farla non puoi, la vita,
come vorresti? Almeno questo tenta
quanto più puoi: non la svilire troppo
nell'assiduo contatto della gente
nell' assiduo gestire e nelle ciance

Non la svilire a furia di cercarla
così sovente in giro, e con l' esporla
alla dissennatezza quotidiana
di commerci e rapporti,
sinché divenga una straniera uggiosa
C. Kavafis

La sera del 17 novembre con altri amici sono stata ospite a cena nella casa sul Monte Ortobene di un comune amico per poter assistere alla preannunciata "pioggia di stelle". A lungo, col "naso all'insù" (uso di proposito questa espressione di sapore infantile) ho scrutato il cielo con un misto di ansia e di meraviglia, proprio come fanno i bambini quando inseguono il volo degli uccelli o degli aerei o quando si divertono ad immaginare animali e mostri nelle forme delle nuvole.
Attendevo l'evento con un senso di trepidazione che, devo purtroppo con rammarico dire, non provavo da tempo.
L'organizzazione della vita e del lavoro mi pare d'altronde che non consenta a molti, non solo a me, di trovare il tempo per quello che a torto si considera inutile. Pietro Ingrao in un bellissimo "elogio alla lentezza" aveva descritto positivamente alcune modalità di vita della vecchiaia che la rendono simile all'infanzia: l'indugio lento, il perdersi dietro i sogni, il lento inoltrarsi per le vie senza meta, la sospensione dilatata tra pensiero e vaghezza tra disordine e dispersione nella più assoluta inutilità del tempo "sciupato".
Forse non si dovrebbe attendere l'autunno della vita per sfuggire, almeno un po', a quella orribile gabbia di orari, imposizioni, impegni, compiti, affari, appuntamenti, ritmi forsennati da delirio di onnipotenza.
Dicevo dunque, digressioni a parte, che attendevo con trepidazione la pioggia di stelle, l'evento d'altronde non era assolutamente banale. Erano già state segnalate i giorni precedenti in varie parti del mondo passaggi di migliaia di meteore all' ora.
Si parlava di una spettacolare tormenta di stelle cadenti che avrebbero dovuto promettere la realizzazione di altrettanti sogni e desideri e che avrebbero potuto rivaleggiare in luminosità con Sirio. L'ora prevista, era intorno alle 20,40. Alla mezzanotte e mezza l'evento non era ancora accaduto. La stanchezza della giornata lavorativa e l'incertezza dell' accadimento non mi consentirono di attendere ulteriormente. Non ero però delusa. Mi erano stati comunque regalati un po' di tempo "sospeso" e un po' di meraviglia. Nel buio della notte senza luna infatti, così buio e così assolutamente assorbente da cancellare ogni traccia dell' esistente, ho finalmente sollevato gli occhi ed ho visto al di sopra della mia testa, un cielo brulicante di galassie, costellazioni, pianeti, così totalmente puntinato da infiniti lumi da riempire anche il silenzio, l'ignoto e l'animo.
Ho parlato di meraviglia con la convinzione di non aver esagerato. Certo non la meraviglia, mista a paura, dei bambini che osservano incantati i giochi pirotecnici.
.Certo non la meraviglia, mista a terrore, provata dagli antichi di fronte agli eventi inspiegabili (passaggi di comete, eclissi, stelle cadenti appunto...) che credevano preannunciassero guerre, pestilenze o altre tragedie. Non la stessa meraviglia perché la scienza nel frattempo molto ci ha dimostrato e spiegato anche in termini di misurazione precisa di distanze, luminosità, densità... e perché, appunto, sapere, prevedere e conoscere sono proprio i termini che impediscono la meraviglia.
Ciò nonostante, di fronte al cosmo (pur anch' esso oggi abbondantemente profanato) la sensazione di stupore ritorna del tutto e, con esso, il senso implacabile ed inesorabile del limite della condizione umana e delle sue capacità di intelligenza. Forse più spesso si dovrebbe, tutti quanti, dedicare qualche momento allo spazio contemplativo della mente per riportare in termini di equilibrata ragionevolezza l'ipertrofia di sé.
Abbiamo cancellato la volta celeste dalla nostra vita (molto, certo, lo so, è dovuto all'illuminazione artificiale oltre che al razionalismo e alla scienza) e l'uomo nella sua arroganza, con la sua "libido dominandi" sta diventando sempre più volgare, arrogante e folle e forse tutto ciò proprio perché si misura sempre meno con l'infinito. Abbiano quindi smarrito il senso del magico e del meraviglioso che si prova dinanzi all' incommensurabile.
Il totale asservimento dei processi e delle leggi naturali ad una irrefrenabile conquista della scienza, alla presenza ossessiva e trionfante degli uomini porta inevitabilmente alla perdita del mistero, dell' arbitrario e, in ultima analisi, della libertà, soggiogando tutto e tutti ad inesorabili leggi di necessità rigidamente e disperatamente illuminate ed illuminanti.
NUMERO /6
Anno 1998, n. 6
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