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La speranza apre il carcere
intervista al provveditore regionale istituti di prevenzione e pena
 
Il Provveditore Regionale degli Istituti di Prevenzione e Pena è un signore di pochissime parole che occupa da appena cinque mesi un luminoso ufficio al primo piano del palazzo di Via Tuveri 24 a Cagliari. "Preciso che son qui dagli inizi di dicembre dello scorso anno" - fa le pulci lui, come a dire che il tempo è una cosa preziosa: né si butta, né si conta male. CosÌ, tanto per non smentirsi, il dottor Giuseppe Della Vecchia chiarisce subito che: primo: "Ho già visto e constatato di persona la situazione delle diverse carceri e colonie penali della Sardegna"; e, secondo: "Risponderò molto volentieri alle sue domande, escluse quelle cui mi sembrerà opportuno non rispondere".
Chiaro e diretto come il sole, e, del resto, mica noi si pretende chissà che...
La sua impressione da un primo, rapido giro nelle carceri isolane.
Mah, in genere ho trovato strutture un poco malandate rispetto a quella che è la situazione a livello nazionale peraltro già deprimente. Abbiamo carceri nuove soltanto ad Iglesias e Macomer, ad Alghero soltanto una parte della vecchia struttura è stata rimessa a nuovo per l'arrivo di diversi detenuti, anche dall 'Asinara.
E gli altri penitenziari?
A Cagliari, Oristano e Sassari le strutture sono indubbiamente vetuste, ma si stanno facendo grossi lavori di ristrutturazione anche per adeguarle alle nuove normative CEE.
Le bocche di lupo?
Non esistono più da nessuna parte.
Il carcere peggiore?
Quello di Lanusei: senza spazi vitali, nessunissima attività sportiva, sovraffollamento cronico.
Quello relativamente migliore?
Badu 'e Carros, il carcere nuorese.
Ma come? Il supercarcere?
Quello che faceva perdere il sonno ai Provveditori che l 'hanno preceduta?
No guardi, queste son cose che non c'entrano affatto: stiamo parlando o no di strutture e vivibilità delle stesse? Parliamo di sovraffollamento allora. ..
Non è un problema che tocca i penitenziari della Sardegna, a parte le punte che si possono registrare al Buoncammino di Cagliari e al San Sebastiano di Sassari, dovute più che altro al movimento fisiologico dato dalla somma degli arresti, dei transiti dei detenuti destinati altrove e di quelli che magari devono presenziare ai processi. C'è qualcosa di preciso cui l'amministrazione sta pensando attualmente?
Beh, è un discorso di ampio respiro quello che stiamo portando avanti ora, in collaborazione con i direttori e i comandanti di reparto: una" caratterizzazione" delle carceri, una loro "specializzazione" per tipologia del detenuto...
Cosa significa?
Significa che, ad esempio, Buoncammino accoglierà i detenuti con problemi di salute, sieropositivi e malati di AIDS; a Iglesias i giovani-adulti, i ragazzi da 18 a 25 anni, anche quelli provenienti dal carcere minorile. San Sebastiano di Sassari riceverà, invece, i detenuti che rischiano per la propria incolumità personale e non possono, per diversi motivi, stare in comunità; e in più i detenuti tossicodipendenti. A Macomer saranno trasferiti i detenuti di un certo peso, quelli con lunghe pene che, comunque, non rientrano nel circuito di alta sicurezza perché per questi già c'è Nuoro. Poi Lanusei, ma già si è fatto, e si sa: qui sono ristretti coloro che si sono macchiati di reati infamanti, in genere di tipo sessuale.
Una scelta di specializzazione delle carceri: perché?
Perché è una scelta necessaria, da affrontare in un discorso di economia, di una migliore utilizzazione delle risorse, del personale, delle professionalità di cui disponiamo.
Capitolo personale, inteso come agenti di polizia penitenziaria: la categoria soffre di un malessere cronico, denunciato dal SAPPE, il loro sindacato, dovuto più che altro all' esiguità dell' organico che li costringe a turni e straordinari massacranti...
Non è proprio così...comunque mi consenta di non rispondere.
Capitolo Direttori...
Questo sì, è vero: il loro numero è piuttosto limitato rispetto a quelle che sono le esigenze. Così succede che un direttore debba coprire due carceri; soltanto Nuoro e Lanusei sono a posto da questo punto di vista.
La percentuale di presenza dei detenuti tossicodipendenti è altissima...
Si, indubbiamente ma, guardi, il problema è anche quello per cui: se la legge stabilisce chiaramente i parametri, i criteri per le tossicodipendenze, nulla dice invece per le ex tossicodipendenze. Per cui certi grossi numeri, alla fine, possono pure risultare un po' gonfiati. Comunque, guardi, le convenzioni col SERT, il servizio per le tossicodipendenze, funzionano dappertutto.
La droga entra molto facilmente in carcere, è vero?
Facilmente no, comunque nessuno può nascondere che entra, ci sono diecimilaveicoli di introduzione... Credo che la cosa vada a periodi; e comunque le posso dire che non più di un mese fa ho disposto una perquisizione a Buoncammino, con tanto di unità cinofile: beh, non se n'è trovato neanche un grammo di droga.
n ministro di grazia e giustizia Flick sta progettando un sistema di pene sostitutive e misure alternative alla pena definitiva da un lato per risolvere il problema del sovraffollamento, dall'altro per dare piena attuazione al principio rieducativo, risocializzativo delle pene. Lei che ne pensa?
Tutto il bene possibile. Si sta studiando una vera e propria decarcerizzazione, per condanne inferiori ai tre anni, con tutto un sistema sostitutivo che va dall' affidamento in prova alla semilibertà, alla detenzione domiciliare. Comunque, se dovesse passare tutta la riforma, in Sardegna sarebbe davvero una grandissima percentuale di detenuti a lasciare il carcere...
Meno male: pare che ben il 60% dei detenuti siano recidivi. Altro che funzione rieducativa della pena detentiva...n carcere è criminogeno?
No, guardi, l'errore di tutto questo ragionamento sta nel pensare che quella che si chiama funzione rieducativa della pena detentiva sia solo e soltanto di responsabilità della struttura carceraria e dei suoi operatori, senza mai pensare che una responsabilità compete anche ad enti educativi esterni, in primis la famiglia. Così, ribaltiamo il ragionamento: può accadere che il detenuto, una volta scontata la pena, esca e trovi lo stesso ambiente che tempo prima lo ha portato a commettere un reato, o comunque, un ambiente che non gli ha dato motivazioni diverse e più forti.
Case di lavoro, colonie penali: strutture relativamente aperte. Quanto, secondo lei, può essere utilizzato il loro modello nel quadro di un più proficuo discorso di rinnovamento concreto del sistema penitenziario?
Tantissimo, e da subito. Per quanto ci riguarda, le posso dire che abbiamo firmato una convenzione con l'Università di Cagliari, Facoltà di Economia e Commercio,perché, dopo un attento monito raggio dell' attuale situazione nelle colonie penali, ci dia una mano nella definizione di un nuovo modello organizzativo...
Con quali obiettivi?
Primo: aumentare le occasioni di lavoro all 'interno della colonia, soprattutto quelle che possono dare una qualifica da spendere una volta fuori; secondo: razionalizzare la spesa, oggi è forte lo squilibrio tra costi e ricavi.
Una triste realtà è l'assenza di attività ricreative all'interno delle strutture carcerarie.. .
Senta, in carcere si può costruire un paradiso di attività culturali, sportive, ludiche; ma se tutto questo non viene supportato da interventi esterni - parlo di famiglia, imprese esterne o enti che propongano corsi di addestramento professionale, parlo di volontari - mi dice lei a cosa servono? La tanto decantata funzione rieducativa della pena non è, ripeto, soltanto quella che può essere attuata in carcere; se non intervengono gli agenti esterni, se non c'è comunicazione tra le due realtà, e fra queste e il detenuto, tutto è un discorso senza senso.
In Sardegna il volontariato nelle carceri non è forse presente e diffuso come in altre parti d'Italia: però laddove esiste svolge un'opera preziosa e insostituibile. È d'accordo?
Sicuramente. Quella dei volontari è un'attività egregia che andrebbe non solo incoraggiata, ma pure potenziata in termini concreti. Certo, io non posso mettermi in strada a reclutarli ma, le assicuro, non ne ostacolo il movimento. Concludiamo parlando dei suicidi in carcere.. .
Guardi le posso dire che io porto bene: da quando sono qui non se n'è fatto uno. Comunque io sono del parere che succedono per cause che attengono a disagi, squilibri, malesseri che il detenuto viveva in precedenza, motivi che non nascono in carcere.
Ammesso questo: comunque sembra non essere garantita la sicurezza del detenuto.. .
Beh, allora voi non sapete quanti, invece, sono i suicidi che vengono sventati...
(1 - continua)
NUMERO /3
Anno 1998, n. 3
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