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La corta lungimiranza del centrosinistra
 
La scadenza elettorale ha costretto tutti i protagonisti del centrosinistra a confrontarsi, in tempi ridotti, sulla base di obbiettivi e tematiche non sempre omogenee.
Il lungo periodo di monopolio del centrosinistra, a Nuoro e in Provincia, ha fatto perdere di vista la necessità di verificare la capacità di rappresentare quanto si muove nella società, di analizzare la composizione e scomposizione dei ceti sociali, di cercare soluzioni alle domande nuove che vengono proposte alla politica.
Se osserviamo ciò che resta delle vicende politiche degli ultimi sei mesi, compresi i dissensi intorno ai nomi, questo è il dato che pesa e che continuerà a pesare sui problemi di governo della città e del territorio provinciale. Anche dopo le elezioni.
Chiunque esca vincente dovrà misurarsi con questo livello di problematiche: occorre un livello alto di mediazione per rappresentare le differenze, costruire sintesi di governo molto condivise e non puramente maggioritarie, proporre alternative che accettano la contaminazione del dissenso.
La condizione complessiva della società è in continua evoluzione; sono numerosi gli elementi di novità:
• sul piano sociale ed economico (globalizzazione, arretramento dello Stato, nuovi ceti produttivi, società dell’informazione, nuova dimensione della religiosità e dell’impegno sociale)
• nel sistema istituzionale (il sistema maggioritario propone una nuova frontiera sul terreno della democrazia e della partecipazione)
I partiti tradizionali – nuovi e vecchi – non riescono a rappresentare tutti i fermenti e le istanze che irrompono nel vivo della società, come esito di queste trasformazioni.
La risposta che il centrosinistra propone per la realtà nuorese non tiene conto di tutto questo; resta ancorata a schemi assolutamente inadeguati.
Altrettanto inadeguata è la logica tutta personalizzata che attribuisce ad un solo uomo la capacità ed il potere di risolvere tutti i problemi che si propongono: l’esito è nefasto sul terreno della democrazia, ma anche su quello più concreto del coinvolgimento degli attori sociali ed economici interessati alle scelte di governo.
La logica della spartizione, non è semplicemente negativa in sé – per ragioni di etica politica e per valutazioni più generali – ma è una soluzione arretrata rispetto alla necessità di uscire in positivo rispetto alla crisi del vecchio modello economico e sociale.
La logica dell’intesa, nel sistema maggioritario, presuppone la ricerca di soluzioni condivise ai problemi e l’individuazione degli uomini migliori – per competenza, professionalità e coerenza sui programmi – per realizzare gli obbiettivi di governo.
I congressi dei partiti non si sono misurati su questi temi, sono stati luogo di conquista di spazi di potere. È netta la sensazione che il precario equilibrio interno è basato su intese riguardanti ruoli di governo che hanno tenuto sotto scacco il confronto politico e le possibilità di dare soluzioni adeguate ai problemi di governo delle città e delle provincie.
Le forze politiche del centrosinistra ritengono di avere le risorse e le energie – cioè di essere autosufficienti – per indicare una nuova strada.
Questo malinteso senso di autonomia delle scelte politiche diventa separatezza e rischia di produrre una crisi irreversibile nel rapporto di fiducia con i cittadini, nel mantenimento di un tessuto minimo di coesione e solidarietà comunitaria.
A mio parere la ricerca di soluzioni adeguate può produrre risultati utili se tiene conto di tre elementi:
• acquisire la consapevolezza della crisi in atto
• assumere la responsabilità di realizzare un cambio di passo rispetto alla situazione esistente
• lavorare per uscire tutti insieme dalle difficoltà.
Se guardiamo alla realtà constatiamo che c’è una città senz’anima e senza identità in una Provincia rimaneggiata ed alla ricerca di un nuova funzione nell’assetto economico e sociale della Sardegna. La crisi dell’apparato industriale, i problemi del comparto agropastorale, il taglio dei trasferimenti statali, l’arretramento dei servizi essenziali dello Stato dal territorio delle zone interne, mettono a nudo la mancanza di un progetto alternativo allo schema classico della distribuzione del reddito attraverso il governo delle risorse pubbliche.
Recenti indagini sociologiche hanno evidenziato situazioni di povertà che richiedono un impegno straordinario delle comunità locali e delle istituzioni. Dall’altra parte ci sono tutti i soggetti che hanno retto e che, tutto sommato, reggono alla crisi, in assenza di sostegno pubblico adeguato (spesso inesistente) come gli artigiani e le piccole imprese – a partire da quelle della filiera agroalimentare (pane tipico, formaggi, salumi, carne) – attività commerciali avanzate, servizi (sanitari, sociali, culturali, assistenza alle imprese), le attività agricole e quelle pastorali con punte avanzate di efficienza e modernità, ma anche con elementi di arretratezza che richiedono un intervento di sostegno al reddito di alto valore sociale e culturale per il presidio del territorio.
Tutto questo è oggi la Provincia di Nuoro: un crogiuolo di problemi e di contraddizioni pronte a esplodere negativamente, oppure a risolversi verso un processo di crescita.
Per questa ragione occorre mobilitare tutte le energie: i nuovi soggetti sociali non chiedono contributi pubblici assistenziali, chiedono di contribuire a realizzare il proprio futuro in questo territorio, e chiedono alla politica un progetto complessivo all’interno del quale far crescere le attività, basato sulla modernizzazione degli assetti e sulla definizione di una precisa identità.
Rivendicano una solidarietà esplicita e trasparente verso le fasce sociali più deboli e meno fortunate. La domanda alla politica riguarda la condivisione dei problemi e delle difficoltà, l’apertura al dialogo, il superamento di rapporti clientelari, la certezza del diritto: significa concepire la politica come mezzo per risolvere i problemi e non come scopo dei suoi protagonisti.
In questa prospettiva, la riduzione delle dimensioni territoriali e demografiche deve essere utilizzata come grande opportunità anziché come perdita di potere. Non si tratta di rivendicare interventi protettivi verso gli indigeni chiusi in una riserva: occorre produrre una nuova politica di gestione integrata del territorio che riguarda tutta la comunità regionale. Autonomia, specialità, specificità non devono essere elementi di separazione ma fattori di diversificazione dell’assetto economico, sociale e territoriale della regione.
In questo contesto deve essere ripensato e rifondato il ruolo della città capoluogo.
Il consenso raccolto alle elezioni regionali dalle liste e dai candidati di Progetto Sardegna, a fronte del calo dei partiti del centrosinistra, è la rappresentazione di tutte queste esigenze, di queste novità: una responsabilità molto grande e complicata da interpretare correttamente.
Al contrario il risultato consegnava un giudizio negativo sui metodi e i contenuti della politica del centrosinistra, rappresentato dalle forze tradizionali, soprattutto nella città capoluogo.
La scelta di schieramento elettorale va vista in questo contesto: quel patrimonio di consenso, quella domanda di novità doveva trovare una risposta adeguata; anche per evitare che molti cittadini tornati al voto e attratti dal rinnovamento del centrosinistra rifluiscano nel disimpegno, oppure consegnino un voto non del tutto ragionato. È giusto assumersi la responsabilità di contribuire a governare i processi, di misurarsi sui problemi concreti, di produrre scelte innovative nei metodi, nei contenuti e nei programmi, insieme alle altre forze politiche del centrosinistra.
Le vicende politiche hanno avuto un esito contraddittorio. Ma rimangono intatte le questioni aperte.
Il tavolo di confronto, non ha prodotto un’intesa minima per il netto rifiuto verso le proposte portate alla discussione, considerate un semplice diversivo per alzare il prezzo della contrattazione di segmenti di potere.
Il centrosinistra, allo stato attuale, offre una soluzione inadeguata e vecchia. Libera dalle urgenze elettorali e dai patti di potere la proposta di rinnovamento e di cambiamento potrà svilupparsi nelle sedi della politica e delle istituzioni, con il sostegno dei soggetti sociali interessati a realizzarla.
Il problema del cambio di passo è ineludibile.
Nessuno è autorizzato a chiudersi in casa in attesa degli eventi.
NUMERO /1
Anno 2005, n. 1
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